Cinema

La Bella e la Bestia - Quando l'anima di un film non passa da un computer

La Bella e la Bestia - Quando l'anima di un film non passa da un computer

La trasposizione live-action del classico Disney soffoca la magia dell'originale fra troppe canzoni ed un uso invadente dell'animazione digitale.

Un castello, un principe bello e arrogante, una strega che, in una notte d’inverno dopo essersi sentita rifiutare una richiesta di ospitalità, trasforma il sovrano in una belva, i cortigiani in oggetti animati ed il castello in un maniero perennemente avvolto dall’oscurità. E’ un inedito adattamento cormaniano di un racconto di Edgar Allan Poe? No, è una delle tante e discutibili nuove sequenze che stanno alla base della trasposizione live action del classico disneyano La Bella e La Bestia

Discutibili perché, col compito di allungare il minutaggio della pellicola (ben 40 minuti in più rispetto al cartoon), di fatto affossano l’intera operazione che viene così sommersa da troppe canzoni (vecchie e – ahimè – nuove) e da situazioni inedite (tra cui la storia della madre di Belle) di cui poco si sentiva la necessità. Di contro, funziona molto meglio la copia 1:1 di molte sequenze (v. il ballo o l’attacco dei lupi). Non aiutano poi a migliorare la situazione neppure la traduzione ed il doppiaggio approssimativi (non solo) delle canzoni, dolo ancor più grave visto che alcune delle voci originali appartengono a Ian McKellen, Ewan McGregor, Emma Thompson.

Un mezzo passo falso?

Se poi di pellicola live action si tratta – quindi per definizione "altro" rispetto ai cartoon - perchè finisce per basare la quasi totalità delle inquadrature e intere situazioni proprio sull'animazione, benchè digitale? E’ vero che la controparte animata faceva sfoggio già allora di avanzate tecniche di ripresa computerizzate, ma demandare, oggi, totalmente alla CGI sequenze da musical potenzialmente travolgenti (“Stia Con Noi” su tutte) smorza di molto l’effetto meraviglia. In tanto profluvio digitale, con sforzo si salvano gli attori “reali” Emma Watson, Kevin Kline, Luke Evans e Josh Gad.

Ecce Disney

Bill Condon, regista che alterna ottime prove (Demoni e Dei; Mr.Holmes) a progetti più smaccatamente “alimentari” (due capitoli di Twilight, su tutto), gira un live action Disney nettamente inferiore ai precedenti Cenerentola di Kenneth Branagh e, soprattutto, al Libro della Giungla di Jon Favreau.
La Bella e la Bestia, per poter essere valutato positivamente, richiede un’accettazione acritica – pratica ormai molto in uso -  del “verbo Disney”, ovvero quell’atto di (spesso cieca) fiducia nel voler attribuire ai prodotti Disney (anche ai più scarsi) il potere di far sognare “senza se e senza ma”.
Detto questo, alla fine, La Bella e la Bestia fa sognare? Sì, a patto di riuscire ad addormentarsi durante il film.
 

Perché vederlo? 
La fedeltà all’originale, soprattutto nelle scene clou, è spesso impressionante e per chi ha amato il cartoon vedere in carne e ossa i propri beniamini può già valere il prezzo del biglietto.

Perché non vederlo? 
Le troppe canzoni (15!), le lungaggini inedite e – soprattutto – l’ “anima” del film seppellita nella troppa CGI rendono il tutto artificioso e calcolato, spegnendo ogni reale emozione.